Repubblica Dominicana

Il Paradiso oltre l’Eden*

di Isa Grassano

Alla scoperta dell'”altra” Repubblica Dominicana. Oltre la sua capitale e luogo cult, tra parchi, lagune e una cordillera meta ideale del turismo verde

Il blu acceso di numerosi jeans messi ad asciugare sui guard rail è l’unico colore a spiccare in mezzo allo sfavillio dei verdi di palme e piante. Un contrasto che balza subito agli occhi e che affascina, mentre si percorrono le strade che da Santo Domingo portano al cuore della Repubblica Dominicana. Chilometro dopo chilometro si scopre che oltre la capitale e le spiagge dorate c’è di più.


C’è un mondo di natura straordinaria, a tratti ancora selvaggia. Un mondo di persone con la loro storia e un presente fatto di sogni e progetti. Qui si vive con poco e di poco, ma la gente del posto si è attivata per far girare l’economia, lavorando a nuovi progetti eco-turistici che offrono un contatto ravvicinato con parchi e lagune, un’immersione nella vita rurale, un incontro con quel che rimane della cultura dei Taìno (i primi abitanti dell’isola).

Così questo angolo incontaminato diventa una nuova destinazione per i viaggiatori green oriented e per chi cerca soggiorni all’insegna dell’avventura. Da Santo Domingo si arriva a Jarabacoa in circa due ore di auto, situato tra le montagne della Cordillera Central, a più di 500 metri. Il nome, nella melodiosa lingua dei Taìno, significa “terra dove scorre l’acqua” (è bagnato dai fiumi Baiguate, Jimenoa e Yaque del Norte), ed una leggenda narra che fu fondato da una bellissima donna india e uno spagnolo. Ma questo è anche il luogo dove si dice che dimori Dio, o meglio dorma. «Dio è ovunque ma dorme a Jarabacoa», lo sentirete ripetere con orgoglio dagli abitanti, lo ritroverete scritto sulle mura delle case. In questa zona si vive bene, si gode di un’eterna primavera con una temperatura media di 22 gradi e si può soggiornare in caratteristici eco-lodge, dove la bellezza è proprio nel fascino bucolico. Come il complesso ecoturistico Sonido del Yaque, sulle rive del fiume Yaque Norte, gestito esclusivamente da donne. Poche romantiche abitazioni, circondate da alberi e fiori e dalle foglie del flamboyant ( albero tipico) che, quando è in fiore, ammanta di rosso tutti i dintorni. Sul patio non manca una sedia a dondolo, così come in ogni casa.

Per i dominicani è sacro il relax, il dolce far nulla in certi momenti della giornata.

«Ci si siede e i pensieri si lasciano cullare», come spiega Carlos, la guida. Tra queste montagne e boschi pare vivano anche le Ciguapas, donne con lunghi capelli neri e i piedi storti, tanto da camminare all’indietro. La loro forza è quella di attrarre gli uomini in escursione, sedurli e abbandonarli. Da Jarabacoa, poi, si può raggiungere il Salto di Jimenoa, a sette chilometri. Ci si arriva con una camminata di 45 minuti, attraverso ponti fluttuanti e circondati da un bosco tropicale. La fatica è ripagata dalla spettacolarità. La cascata appare all’improvviso davanti agli occhi. L’effetto è quasi ipnotico: il salto del fiume Yaque del Norte, le pareti intorno coperte di muschio e il laghetto che si forma in basso. Un’altra spettacolare cascata è Aquas Blancas, vicino a Constanza. Già andare in quad tra strade sterrate e ampie distese di ortaggi e frutti è un’esperienza. Poi a 1650 metri ci si ritrova davanti a due vorticosi balzi di 60 e 40 metri. I piccoli paesi sono piacevoli da girare a piedi. Si animano di giorno con un via vai di motoconcho , le moto che svolgono servizio taxi, portando fino a tre persone per volta, e, alla sera, con la musica merengue che arriva da ogni esercizio commerciale, da ogni casa, dalle discoteche improvvisate sui terreni davanti alle abitazioni, «Ballando nelle strade di giorno, ballando nelle strade di notte», come suggerisce un verso di una famosa melodia. Il ritmo è nel dna di ciascuno ed ogni occasione è buona per lasciarsi andare ad un passo di danza sensuale, il cui corpo sembra avvitarsi sui fianchi e che simboleggia

lo spirito dei dominicani, spontaneo ed esuberante.

 

Per scoprire, invece, il luogo dove è nata la bachata, al suono del tambor, un tamburo in legno e pelle di capra, si deve arrivare più a nord, fino a Montecristi, alla frontiera con Haiti, l’unico confine terrestre. Sembra di fare un tutto nel passato, a quando i pirati vi si fermavano per rifornire le proprie navi. E non solo. Passeggiando tra i viali, si torna indietro all’epoca vittoriana con le numerose residenze che mantengono ancora l’architettura di quel periodo.

Infine, se dopo tanta natura sarete presi da un senso di nostalgia per il mare cristallino, ecco che la meta da non perdere è Punta Rusia. All’interno del parco nazionale submarino di Montecristi, emerge la piccola isola di Cayo Arena, detta anche Cayo Paraiso. Il perché lo si intuisce subito. L’acqua sembra non esistere quando si frange sulla riva e dopo qualche centimetro diventa celeste e poi azzurra, verde, turchese, in un arcobaleno di tonalità che si rincorrono fin dove arriva lo sguardo. Imparerete presto voi uno dei termini più usato dai domenicani: horita , ovvero dopo. C’è tempo per il resto. Ora tutto quello che si sogna è racchiuso in questo eden terrestre.

Clicca qui per vedere il video realizzato da Amichesiparte in Repubblica Dominicana

* tratto da Viaggi di Repubblica online

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