Un viaggio nelle bellezze lucane e calabresi

Un viaggio nelle bellezze lucane e calabresi

di Rosa Piccante

Giacomo di professione faceva l’archeologo. Sapendo che anch’io ero interessata a quegli argomenti mi propose un viaggio in Calabria. Destinazione Reggio Calabria, Museo Nazionale, Bronzi di Riace. Difficile respingere l’invito. Così ci organizzammo per la partenza.

Da Firenze a Reggio Calabria era un bel viaggio, quasi mille chilometri, ma a bordo del suo Suv di ultima generazione il tragitto sarebbe stato anche comodo. Partimmo un sabato mattina, di buon’ora. Mi passò a prendere a casa, mi feci trovare pronta per l’ora stabilita, se ne stupì anche lui, conoscendo la mia proverbiale abitudine al ritardo. Ero eccitata dall’idea di un viaggio con lui, era la prima volta in quattro mesi, da quando avevamo cominciato a frequentarci. E anche i Bronzi di Riace stimolavano la mia fantasia e curiosità. Dopo quasi settecento chilometri decidemmo di fermarci per la notte e visto che eravamo nei pressi di Maratea, incantevole borgo lucano nella costa tirrenica, dominato dalla statua del Cristo Redentore, seconda per grandezza solo a quella di Rio de Janeiro, scegliemmo un alloggio in un b&b nel centro storico.

La cittadina era veramente magnifica, degna della fama che la circondava. Paesaggi meravigliosi e clima stupendo. Il b&b era a conduzione familiare, semplice ma molto curato, anche nei minimi particolari.

La nostra stanza aveva il letto a baldacchino, sciogliendo le tende avrei potuto mimare una danza del ventre per Giacomo.

Mi venne voglia di sorprenderlo così.

Al momento opportuno se ci fosse stata occasione l’avrei fatto.

Cenammo in un grazioso ristorantino tra i vicoli del centro storico.

Finita la cena era d’obbligo un giretto panoramico, passammo davanti ad una gelateria e prendemmo due coni, limone e fragola per tutti due.

Due gusti dissetanti agrodolci che si sposavano perfettamente.

Iniziai a scimmiottare davanti a Giacomo, leccavo il gelato in maniera molto provocante, partivo dal cono e poi lo roteavo davanti a lui, la mia lingua leccava prima un gusto poi l’altro, mi portavo sulla punta e la mordicchiavo dolcemente. Vedevo crescere in lui l’eccitazione.

Gli stavo proponendo una fellatio in diretta, nei vicoli di Maratea. Avevamo trovato un belvedere riparato dagli sguardi dei passanti, la costa illuminata era uno splendore. Mi ero messa quel vestitino che a lui piace tanto, perché lascia scoperta la schiena. Si mise un po’ di gelato in bocca e me lo fece scivolare sulla schiena nuda. Bastardo, pensai.

Lo leccò tutto con la sua lingua, provai un brivido di freddo…e di caldo…

Mi girai e lo baciai follemente, attirandolo a me, ero appoggiata alla balaustra e lui si appoggiò al mio corpo fremente, facendomi sentire tutto il suo ardore. La mia sorellina iniziò a gocciolare come un cono gelato non leccato. Infilò la mano sotto il mio vestito e s’impossessò del mio clitoride in un attimo. Gemevo dal piacere. Volevo tornare in camera, al nostro letto a baldacchino. Giacomo non volle sentire ragioni, si slacciò in tutta fretta i jeans e mi fece sentire la consistenza del suo membro. Gli scostai le mutandine e lo feci entrare. Era un bellissimo aperitivo, o antipasto che dir si voglia. Si muoveva lentamente e con una mano mi carezzò i seni, i capezzoli erano diventati turgidi e li guardavano dritti in faccia, come a chiedergli una maggiore attenzione. Li succhiò, ebbi un primo orgasmo.

Il mio liquido gli scendeva copioso sul membro, si ritirò e cercò di “alleviare il mio dolore” con la lingua. Afferrai i suoi capelli e li tirai forte. Era una sensazione troppo intensa. Si decise a rientrare al b&b. Lasciammo la finestra spalancata, la luna illuminava debolmente la stanza. Mi spogliai lentamente davanti al suo sguardo eccitato, iniziai a danzare e a muovermi in maniera sensuale, il vestito scivolò ai miei piedi, poi mi slacciai il reggiseno, infine mi sfilai il perizoma. Gli porsi quest’ultimo e lui lo annusò intensamente. Sentiva il mio profumo di donna, di femmina vogliosa, di lui, dei suoi baci. I nostri corpi nudi si ritrovarono distesi sul letto. Stretti in un abbraccio. Le nostre lingue si trovarono e le sue mani corsero sui miei fianchi e sui seni. Li baciò lentamente, primo uno poi l’altro, i capezzoli erano turgidi e la mia sorellina aveva i battiti a mille. Avvicinò la lingua all’ombelico e la ruotò dentro, poi scese verso il monte di Venere e si soffermò lì. Infilò un dito nella mia vagina e cominciò a muoverlo piano, sentivo il suo membro duro appoggiato alla mia coscia e lo volevo dentro. I suoi baci erano deliziosi. Ero persa nell’oblio più totale. Ero rilassata con la testa, ma non con i sensi. Mi sentivo bruciare, dappertutto. Con la lingua arrivò al clitoride, lo succhiò e lo leccò dolcemente, e mentre lo faceva spingeva il dito dentro, rivolto verso l’alto, a mo di uncino, sentiva la testa leggera e in poco tempo arrivai nuovamente all’orgasmo. Strinsi le gambe attorno alla sua testa, tirai i suoi riccioli il più forte che potei, poi lasciai la presa e mi abbandonai estasiata ai suoi baci. Si avvicinò e mi baciò sul collo. Sentivo la sua erezione premere contro di me e allungai la mano, lo avvolsi nel mio palmo e scivolai giù a baciarlo, a soddisfarlo totalmente…

La colazione ci lasciò senza fiato. Il b&b aveva un piccolo dehors fiorito, con vista spettacolare sul mare. Eravamo inebriati dai profumi dei fiori e dai colori. Prendemmo del succo d’arancia, the al limone, vari pasticcini e fette di torta, di produzione della casa, e alla fine un ottimo caffè.

Eravamo pronti per il viaggio verso i famosi Bronzi. Lasciammo con un po’ di dispiacere quel luogo così affascinante e…intrigante. Decidemmo di non prendere l’autostrada percorrendo la statale litoranea. Tempo ne avevamo e saremmo arrivati a Reggio Calabria nel primo pomeriggio. La tabella di marcia fu compromessa. Non avevamo fatto i conti con la bellezza dei luoghi, come Scalea, Diamante, Paola, Amantea. Tutte piccole deviazioni che ci fecero arrivare sul far della sera a Tropea. La veduta di questo borgo marinaro a picco sul mare ci entusiasmò al punto di cercare un posto per pernottare. Cercammo nell’ipad i b&b della zona e ne trovammo uno che faceva al caso nostro. Splendida vista mare e camere raffinate. Aggiudicato. Dopo il classico tour nel centro storico vedemmo un piccolo ristorantino, strano per la sua posizione, all’interno di una vecchia chiesa sconsacrata. Sei tavoli in tutto, ventiquattro posti in totale. Aggiudicato anche questo. Dire che cenammo bene è riduttivo, i piatti erano equilibrati nel gusto e nei colori, eseguiti sicuramente da un grande chef. Sorpresa. Lo chef, o meglio la cuoca, come lei si definiva, era la figlia maggiore del titolare. Amante della cucina nostrana, aveva riprodotto in maniera filologica i “piatti della nonna”. Di sicuro aveva un grande avvenire davanti a sé. Rallegrati dalla succulenta cenetta, raggiungemmo il nostro b&b, che si trovava vicino al centro storico.

La vista, come detto, era meravigliosa. Ci fermammo sul piccolo balcone, allestito con un tavolo e due sedie di vimini. Giacomo estrasse la sua pipa e lentamente iniziò a caricarla di tabacco. Aveva un profumo intenso e piacevole, sebbene dolciastro, un misto di vaniglia e sandalo.

Se lo preparava da solo, acquistando il tabacco da un amico di fiducia tabaccaio, che lo erudiva nella giusta miscelazione. Lo osservavo nei suoi gesti, lenti, misurati e precisi, come se si accingesse a confezionare una pozione fatale. Andai verso il frigo e portai sul tavolino due bicchieri di rum. Avvicinammo i nostri bicchieri con un leggero tintinnio. Era un brindisi alla vita e a quello che ci aspettava di lì a poco. L’alcol mi scaldò le vene e mise in circolo i miei feromoni, anche l’odore del tabacco di pipa mi eccitava. Lo baciai, sapeva di maschio latino, eravamo entrambi felici del viaggio. Mi misi cavalcioni su di lui. Mi slacciò la camicetta e iniziò a baciarmi i seni, i capezzoli si drizzarono immediatamente e la mia sorellina ebbe un sussulto d’impeto. Sentì la sua erezione. Mi spostavo lentamente sul suo sesso, ciondolando su e giù. Giacomo mi sollevò di peso e mi distese sul letto. Sfilò la mia gonna e si tolse i pantaloni, la camicia aperta sul petto faceva risaltare i suoi pettorali, guizzanti e abbronzati. Andò sul balcone e tornò col bicchiere di rum e ne versò due gocce nel mio ombelico. Poi con la lingua lo succhiò tutto. Mentre si “abbeverava” mi sfilò le mutandine di pizzo e mi toccò l’interno delle cosce, mi aprì la vagina con due dita e ve le infilò dentro. Ero al settimo cielo quando appoggiò la sua lingua sul mio clitoride, che nel frattempo era diventato sensibile e si era ingrossato. Se lo mise in bocca e lo succhiò con arte, non so come facesse ma mentre lo succhiava lo mordicchiava leggermente, era una sensazione veramente piacevole. Il mio liquido scivolò sulla sua lingua e lui continuò a leccarmi piano. Mi coccolò dolcemente, carezzandomi i fianchi e le guance. Posò la lingua sul collo e mi fece rabbrividire. I miei sensi si risvegliarono di colpo. Mi sfilai dall’abbraccio e andai giù verso il suo sesso, ricambiai le coccole e iniziai a baciarlo, dallo scroto e poi su fino al glande. Era questo il punto dove amava essere baciato di più, lo avvertivo dai suoi movimenti che si facevano più intensi. Si alzò in piedi e mi chiese di mettermi alla pecorina sul bordo del letto. Poteva vedermi bene da quella posizione, le labbra erano socchiuse e non aspettavano altro di essere aperte dalla sua verga. Inumidì con la lingua, ma non ce n’era bisogno, sia la vagina sia l’ano, e finalmente entrò entro di me. Spinse con delicatezza e tutto a un tratto si fermò, mi chiese di muovermi verso di lui, voleva vedere il mio corpo andare incontro al suo membro. Era una situazione insolita, in genere era l’uomo che entrava con decisione nel corpo della donna. All’inizio rimasi perplessa, poi il giochino mi piacque e lo feci impazzire. Alternavo il ritmo, veloce, piano, di nuovo veloce, più veloce…e mi fermavo di colpo, con lui tutto dentro. Fu allora che mi chiese di stare ferma e di contrarre i muscoli. Non una ma più volte. Ogni volta che stringevo lo sentivo pulsare sempre più forte nella mia sorellina, finché venne in maniera fragorosa, trattenendo a stento un grugnito animalesco.

L’avevo sorpreso in maniera positiva. Si accasciò sul letto, accanto a me.

Mi diede un bacio e si addormentò.

Mancavano appena un centinaio di chilometri alla nostra meta…

La mattinata era stupenda, un cielo terso ci accompagnò a destinazione.

Con grande sorpresa venimmo a sapere che i “mitici” Bronzi di Riace li avevano spostati in un’altra sede, pensavamo in una più bella, ancor più qualificata, invece…li potemmo “ammirare”, si fa per dire, dietro una vetrata e “distesi” sopra due lettini in una saletta a palazzo Campanella. Come fossero due eroi feriti, due simboli della bellezza cui era negato loro di farsi vedere nella loro integrale bellezza.

Mi sarei “consolata” con Giacomo.

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