ROSA PICCANTE

Ogni viaggio apre sempre le porte al nuovo e, (perché no?), porta ad esplorare le pieghe più profonde del desiderio femminile.
“Rosa piccante” è la nuova rubrica di racconti erotici in versione “destinazioni shocking”, perché le fantasie vanno nutrite con spunti sempre nuovi.
Chi c’è dietro questo nome così “frizzante”?

Lo scoprirete strada facendo…intanto buone letture pepate!!!!

 

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Incontro letterario a Bassano

Di Rosa Piccante

Lo intravidi in fondo alla sala, con un bicchiere in mano, penso del suo rum preferito, mentre conversava con l’autore. Mi fece lo stesso effetto di allora, le gambe iniziarono a tremare, il cuore andava a mille e avevo voglia di stargli vicino, molto vicino, pur essendo assai nervosa. Mi chiesi se era possibile tutto questo, più di vent’anni erano passati da quando c’eravamo lasciati, per futili motivi, si dice sempre così. In realtà c’erano state delle incomprensioni ben più importanti, non la pensavamo allo stesso modo sul futuro familiare, così la nostra relazione naufragò in un mare di se e di ma. Marco era ancora maledettamente bellissimo, il capello adesso era brizzolato, ma sempre mosso, e anche la linea era molto giovanile. Indossava un completo a giacca, spezzato e sportivo, gli si addiceva molto. Camicia aperta e un foulard intrigante al posto della cravatta. Non sapevo di avere un amico in comune con lui, Paul, l’autore del libro, appunto. Ero arrivata con la mia amica Francesca fino a Bassano, per un incontro letterario, ci saremmo fermate per la notte e l’indomani saremmo partite nuovamente per Treviso. Volevamo cogliere l’occasione di visitare la città nella mattinata successiva. Bassano è sinonimo di storia, il monte Grappa, gli Alpini, la Grande Guerra, e Ponte Vecchio (o degli Alpini), simbolo cittadino. Quest’ultimo luogo di ritrovo per eccellenza. L’after hour si consuma qui, chiacchiere e grappa, la sede storica della Nardini è situata proprio all’inizio del ponte ed è visitata al pari di un monumento nazionale. Francesca si accorse subito del mio imbarazzo e del cambiamento di umore. Gli spiegai il motivo. Sospirò alzando gli occhi al cielo, come per dire che ero la solita romantica. Aspettammo prima di avvicinarci a loro, volevo vedere se Marco era accompagnato o era solo. Nella sala c’erano solo un paio di donne papabili ad avere quel ruolo, ma erano impegnate in una discussione, non riuscivo a capire bene.

Ci avvicinammo a loro. Quando mi vide ebbe un sobbalzo. Un sorriso gli squarciò il viso. Mi abbracciò e mi baciò col suo solito entusiasmo, fissandomi intensamente negli occhi e tenendomi le mani. Le gambe, il cuore, ero tutto un terremoto, dentro e sotto di me. Sentivo di essere ancora molto attratta da lui. Un bel problema. Avevo bisogno di bere qualcosa di strong, per riprendermi dall’emozione. Marco mi accompagnò e lasciammo soli Paul e Francesca. Mi guardò attentamente e mi fece dei gran complimenti. Ero una ragazzina a quei tempi, ora una donna nel pieno della maturità, prossima ai fatidici “anta”. Le mie curve, rotonde e prosperose, incontravano il gradimento da parte degli uomini. Ricambiai i complimenti e gli dissi che anch’io lo trovavo in perfetta forma. Non perse tempo a invitarmi a cena. E Francesca? Non potevo mollarla da sola.

Idea, c’era Paul che sarebbe stato ben lieto di uscire con noi tre.

In un attimo decidemmo per la serata. Francesca accettò con entusiasmo. Trovammo un localino vicino al Ponte degli Alpini, arredato con cura, anche la cucina era ottima e la serata procedeva a meraviglia. Ero seduta di fronte a Marco, approfittando di un momento di pausa nella discussione, sfilai il piede dal mocassino e lo ficcai in mezzo alle gambe di Marco, lì, proprio sulla sua parte intima. Per poco gli andò il boccone di traverso e tossì, non si sarebbe aspettato tanto ardore e spudoratezza da parte mia. Dove sta scritto che solo loro possono infilare i loro piedoni in mezzo alle nostre cosce? Iniziò a guardarmi con un’espressione diversa. Ero cresciuta, mio caro, davanti non avevi più la ragazzina spaurita di allora, ma una donna nel pieno della sua vita. E se la gestiva a modo suo. Intanto Paul e Francesca avevano trovato un interesse comune, parlavano dei loro amici a quattro zampe, io il mio “cagnolone” l’avevo di fronte, e di sicuro prima della serata l’avrei fatto “abbaiare” di piacere. Ci portarono il dessert e alcuni dolcetti, con un Malvasia Passito fresco al punto giusto. Avevamo “perso” Paul e Francesca, tutti presi nella loro conversazione pelosa.

Marco ed io uscimmo a fumare una sigaretta, eravamo appoggiati alla balaustra del ponte, gruppi di giovani transitavano parlando allegramente. Eravamo molto vicini, mi cinse la vita con un braccio, mi girai verso di lui e le nostre bocche si cercarono in un bacio voluttuoso. La sua lingua si spinse fin sul collo e dietro il lobo dell’orecchio, un brivido arrivò fin lì. Sentivo la sua erezione spingere contro il tessuto delicato del mio vestitino. Vi appoggiai la mano e lentamente tirai giù la lampo e la infilai al caldo. Glielo toccai senza tirarlo fuori dagli slip, a lui bastò sollevare un lembo del vestito per sfiorarmi le mutandine di pizzo. Non so se volle imitarmi, ma si limitò a toccarmela da sopra, spinse il dito all’altezza del clitoride muovendolo lentamente…ero ansimante e sentivo che stavo raggiungendo il mio primo orgasmo della serata. Chiusi gli occhi, affondai le mie unghie sulle sue spalle e mi lasciai andare al piacere della vita con un gemito. Rientrammo mentre i nostri amici stavano chiedendo il conto. Marco mi disse che purtroppo sarebbe dovuto ripartire di lì a poco. Dovevo andare in bagno. Gli dissi di seguirmi. In quello delle donne ovviamente. Non avevo una scelta migliore e non volevo lasciarlo così. Ci chiudemmo dentro, tra l’altro era anche spazioso e profumato, col sottofondo musicale, una vera chicca.

Mi sfilò le mutandine e se le mise in tasca. Si tirò giù i pantaloni e mi sollevò di peso facendomi appoggiare la schiena al muro freddo, un brivido mi percorse la schiena, ma non fu il freddo a procurarmelo, entrò dentro di me con un tal vigore che per un attimo rimasi senza fiato. Gli misi le mani al collo, mi faceva dondolare come sull’altalena…un’altalena di piacere. Lo baciavo sul collo e lo mordicchiavo sulle spalle, di sicuro avrei lasciato qualche traccia di rossetto sulla camicia, ma non era questo il mio motivo di preoccupazione, il problema era che mi piaceva ancora in maniera divina, mi faceva impazzire il suo profumo, dal suo sapor mediorientale, come diceva la Nannini in una delle sue canzoni più belle.

Mi baciò in bocca e riuscì a farmi venire ancora e dopo un attimo mi seguì.

Non avrei aspettato altri vent’anni prima di rivederlo…

 

 

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    PROVE DI SESSO IN CAMERINO…

    di Rosa Piccante

Avevo voglia di rinnovare il mio guardaroba. Fare shopping è sempre stata una delle mie passioni. Nell’outlet dove mi recavo di solito erano in corso i saldi, per questo mi presi la mattinata libera. Non c’era tanta gente, in molti si erano già recati per le ferie al mare. Il reparto donna era al secondo  piano e i commessi quasi tutti liberi. L’outlet aveva una particolarità, nel reparto donna solo commessi uomini e nel reparto uomini solo commesse donne. Doveva essere una strategia aziendale. Tutti giovani e carini.

Ce n’era uno, di nome Alberto, che mi piaceva in modo particolare.

Moro, ricciolino, sempre col sorriso sulle labbra, era anche molto bravo nel consigliarmi l’abito che più mi valorizzava. Chissà se quella mattina era presente. Lo vidi in lontananza. Lo cercai con lo sguardo e lui ricambiò venendomi incontro. Mi chiese se poteva essere utile nella ricerca. Fui ben felice di farlo partecipe. Gli dissi quello che cercavo, un abito con colori vivaci, un po’ sbarazzino. Me ne fece vedere quattro o cinque, mi colpirono un paio di questi, uno era color arancio e l’altro virava sul giallo.

Il primo aveva dei motivi geometrici e il secondo delle “pennellate” di azzurro sul giallo, molto intrigante. Mi propose di provarli e mi accompagnò al camerino, rimaneva nascosto dietro una divisione con dei pannelli. Una tenda isolava alla vista altrui. Notai che mi attendeva poco distante ed ebbi cura di non chiudere tutta la tenda, lasciai uno spiraglio di luce e iniziai lentamente a svestirmi. Rimasi con le sole mutandine e il reggiseno. Dallo specchio che avevo di fronte vidi che mi osservava con la coda dell’occhio, era quello che speravo facesse. Esitai un attimo prima di infilarmi il vestito e ricambiai lo sguardo con un leggero sorriso. Una volta indossato uscii dalla cabina e lui arrivò prontamente chiedendomi se tutto andava bene. Chiesi gentilmente se poteva darmi una mano a tirare su il lampo dietro. Sentii la sua mano sfiorarmi la schiena e i suoi occhi posarsi sulle mutandine, avrei voluto che osasse qualcosa…

Mi portai davanti allo specchio e lui fece un gesto con la mano a significare che mi stava benissimo. Non penso fosse dovuto alla vendita, mi calava proprio bene sui fianchi e la scollatura valorizzava i miei seni abbronzati. Decisi di provare anche l’altro. Mi aiutò di nuovo con la zip e stavolta mi spogliai di fronte a lui, con la tenda aperta, si guardò intorno, non c’era nessuno, entrò nel camerino con me, l’invito era stato fin troppo chiaro. Ci baciammo appassionatamente, volevo essere sola con lui, non in un camerino di un outlet, ma nel mio appartamento. Sentimmo un suo collega che lo chiamava, proprio mentre mi stava baciando un seno, uscì dal camerino lasciandomi in preda a una voglia sfrenata di fare sesso. Volevo trattenerlo ma non era una decisione saggia. Avrebbe avuto sicuramente problemi con la direzione. Mentre mi provavo il secondo vestito tornò e s’infilò direttamente all’interno del camerino, riprendemmo a baciarci in bocca mentre le nostre mani iniziarono a toccare i nostri sessi. Era un bel problema adesso, io desideravo qualcosa di più e lui pure, mi tirò su il vestito all’altezza delle mutandine e le scostò dalla vagina, lui aveva i jeans aperti sul davanti e brandiva il suo membro eretto all’altezza della mia pussy, mi sollevò di peso, gli gettai le braccia al collo e dolcemente aprì la porta del piacere. Era una situazione molto rischiosa ma elettrizzante, una scarica di adrenalina non indifferente. Non si poteva andare tanto per il sottile e riuscimmo in breve a essere soddisfatti, pur non arrivando all’orgasmo completo.

Lui uscì prima e mi aspettò nel corridoio che portava alle casse. Furtivamente gli allungai il numero del mio cellulare…

 

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BERNINA EXPRESS

di Rosa Piccante

…da tanto desideravamo compiere quell’itinerario in treno. Non un semplice viaggio in treno, ma qualcosa di più. Il Bernina Express, per la bellezza dei luoghi attraversati, rimane una delle esperienze più affascinanti nel panorama ferroviario mondiale. La stazione di Tirano è il punto di partenza in Italia. Destinazione St.Moritz, una delle località più “in” di tutto l’arco alpino. Ci “imbarcammo” io e il mio ragazzo, sul Tirano-St.Moritz, il celeberrimo “trenino rosso” della Ferrovia Retica, la ferrovia più alta d’Europa! Nel giro di due ore, tanto dura l’ascesa a St.Moritz, si assiste ad uno spettacolo entusiasmante, il trenino arranca su veri e propri tornanti ferrati, sbuffando e ansimando, si insinua in una natura incontaminata, regalando scorci panoramici che non si dimenticano facilmente. Avevamo scelto un mercoledì, per evitare la ressa di turisti dei fine settimana. Infatti, a bordo non c’era gran traffico di persone. Scegliemmo di procedere verso l’ultimo vagone, per due motivi, in questo modo si ha la possibilità di vedere tutto il treno, quasi avvitarsi su se stesso nel momento in cui percorre una rampa elicoidale, l’altra per avere la massima privacy.

Detto e fatto, eravamo appena due coppie nello scompartimento.

Dopo pochi minuti arrivò il controllore, con rigidità elvetica ci controllo i biglietti e se ne andò. Eravamo distanti dall’altra coppia, di aspetto signorile e dall’età avanzata.

Ci mettemmo seduti uno di fianco all’altro, e nella prima galleria Luca mi baciò. Alla prima fermata gli occupanti del nostro scompartimento scesero e non salì nessuno a bordo. Non dispiacque a nessuno dei due. Guardavamo estasiati il paesaggio innevato dal finestrino, ma il desiderio cresceva in noi. Mi slacciò un paio di bottoni della camicetta e infilò la mano nei miei seni. Li accarezzava e mi stimolava i capezzoli, diventati nel frattempo belli ritti e me li succhiò avidamente. Il suo membro era già pronto, tirai giù lo zip dei jeans e lo presi in mano, coccolandolo dolcemente. Lui mi toccò sotto e mi massaggiò il monte di Venere. Poi il dito si fermò sul mio clitoride, già gonfio, non aspettava altro che essere sollecitato e solleticato. La mia fica era già bagnata, si umettò il dito del mio piacere e se lo portò alla bocca, succhiandolo lentamente. Mi disse che il sapore era delizioso, di donna, vogliosa d’amore, di sesso e di emozioni. Non si sbagliava su queste ultime.

Dato che si riusciva a controllare visivamente la porta d’accesso nel caso arrivasse di nuovo il controllore, ma non ce n’era motivo, nessun turista era salito alla stazione intermedia, si tirò giù i jeans e mi sollevò il vestito, scostando appena le mutandine, e mi fece sedere sul suo uccello.

Delizioso, trovò la porta in un attimo, era aperta e ben oliata. In questa posizione mi poteva stringere i capezzoli e accarezzare la schiena, che mi procura sempre piacevoli sensazioni. In un certo senso eravamo avvantaggiati dal movimento sussultorio del treno, a volte lo scarto dei binari ci rompeva il ritmo, ma recuperavamo in fretta. Per la verità ero più io che menavo le danze, Luca mi disse che era bellissimo vedere il mio sedere sollevarsi e poi mentre s’impossessava del suo meraviglioso uccello.

Con una mano mi avvolgeva davanti e mi sfiorò il clitoride, aumentando il mio piacere mentre io lo accarezzavo. Mi sentì godere e poco dopo mi venne dentro.

Proprio mentre il treno si stava fermando in stazione. Peccato, non c’era tempo per le coccole, mi tirai su in fretta le mutandine che si bagnarono dei nostri piaceri. Ci ricomponemmo in fretta, giusto il tempo di vedere entrare un gruppo di giovani studenti. Chissà se riuscivano a immaginare ciò che avevamo appena fatto. Il pensiero non ci turbava.

Gli diedi un bacio sulla guancia.

La stazione sciistica e mondana dell’Engadina ci accolse con un sole quasi primaverile, e ci permise di fare una rilassante passeggiata lungo il lago…

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Piacere è anche questo: la condivisione di un istante
Le donne, forse più degli uomini, oggi sono libere di esplorare la sessualità senza tabù

Piacevoli scoperte a Mantova

Eravamo partite nel primo pomeriggio, con la macchina di Marta, la mia era dal meccanico da qualche giorno, tagliando e qualche problema di gioventù ne avevano causato il momentaneo ricovero in officina. Non che quella di Marta se la passasse tanto meglio, ma insomma era l’unica alternativa possibile al treno, che non amavamo molto. Arrivammo nel primo pomeriggio a Mantova, città d’arte, seconda a nessuna, dicono da queste parti. E come dargli torto! Mantova è ancora raffinata ed elegante così come l’hanno voluta i Gonzaga. La piazza Sordello con il Palazzo Ducale e la stupenda “camera degli sposi” del Mantegna; il Duomo, nella stessa piazza; la rotonda di S.Lorenzo in piazza delle Erbe, a fianco della torre dell’Orologio; la chiesa rinascimentale di S.Andrea col grandioso interno; il museo Tazio Nuvolari, con numerosi cimeli del “mito” mantovano; il Castello di S.Giorgio, in posizione scenografica tra il lago di Mezzo e il lago Inferiore; il Palazzo Te, magnifica villa cinquecentesca dove si possono (e si dovrebbero) ammirare gli affreschi di Giulio Romano.

Prendemmo alloggio in un grazioso albergo nel centro storico, a due passi da piazza Sordello. Alla reception Pablo, un ragazzo di origini cubane registrò i documenti. Non era niente male, sorriso aperto e cordiale, professionale ma molto affabile. Ci diede una piantina della città e ci consigliò la visita dei maggiori monumenti. Chiaro, sono sempre i soliti, ma lui ce li descrisse con dovizia di particolari che a noi sembrava di averli già visitati. Ringraziammo e uscimmo in perlustrazione. Avevamo un paio di giorni a disposizione, e una gran voglia di camminare. Prima tappa in piazza Sordello e al vicino Palazzo Ducale. Rimanemmo estasiate una volta entrate nella “camera degli sposi”. I dipinti e le cromie ci fecero rimanere a bocca aperta. Quasi come la vista di quel ragazzo alto e biondo. Doveva essere scandinavo, a giudicare dai lineamenti. Guida alla mano, osservava in maniera ossessiva i dipinti, prima, poi spostò l’attenzione su noi due. Ci sentivamo “interrogate” dal suo sguardo, seppure gentile e educato. Venne incontro a noi, chiedendoci un’informazione con un accento tedesco. Era altoatesino, di Bressanone. Doveva preparare la tesi sui Gonzaga e questo spiegava il motivo di tanta attenzione ai particolari. Non riuscimmo ad aiutarlo, tanto ne sapeva più di noi. Ci propose di continuare la visita assieme a lui. Accettammo, convinte di avere una guida personale. Herman si dimostrava competente e minuzioso nella descrizione, e ci fece capire molte cose sulla storia della famiglia Gonzaga. Una vera guida. Tant’è che proponemmo di andare a cena insieme, accettò l’invito con entusiasmo. Nel rientrare in albergo per una doccia veloce, Pablo ci lanciò delle occhiate intriganti, che nulla avevano a vedere col rapporto albergatore/cliente, ne fummo sorprese ma non dispiaciute, visto che era un gran bel figo. Si vede che eravamo in “tiro”, quando scendemmo furono ancora più insistenti e ci chiese dove eravamo dirette. Ci consigliò un ristorante in piazza delle Erbe, tavoli all’aperto e un gran panorama sui principali monumenti della città. Soprattutto ci fece capire che se volevamo la sua compagnia ne sarebbe stato ben lieto. Marta indossava un vestito leggero sopra il ginocchio, con una generosa scollatura dietro, la sua schiena rimaneva nuda, lasciando campo libero a varie fantasie sessuali. Io, più semplicemente mi ero messa i jeans, che davano risalto al mio sedere, una delle mie parti migliori, e una camicetta a fiori. Incontrammo Herman all’incrocio e ci salutò con la mano. Lo raggiungemmo e ci avviammo al ristorante consigliatoci da Pablo. A tutti gli effetti meritava sia per la vista, sia per i piatti. Tipici mantovani, ma di ottima fattura. Bevemmo del Lambrusco, fresco e frizzante.  Volevamo immergerci nell’enogastronomia del luogo, del resto ci comportavamo così ogni volta che visitavamo un posto nuovo. Capimmo in un attimo che Herman era molto interessato alle gambe di Marta, e non solo a quelle, legarono subito, conversando a quattr’occhi. Mi sentivo in imbarazzo, avrei voluto lasciarli da soli, diamine, dove andavo a quest’ora di notte in città, se non a fare una passeggiata e poi in albergo…

Mi venne in aiuto…Pablo, proprio lui, aveva finito il turno di lavoro e stava arrivando in bicicletta, si fermò a fare due chiacchiere con noi, mi propose di fare un giro in bicicletta. Accettai dicendo a Marta che ci saremmo viste in albergo. Così in un colpo solo evitai la situazione scomoda del “moccolo”. Pablo mi fece salire sul “cannone” e si diresse al lago. Era una circostanza da adolescente, il sentirmi abbracciata e protetta dalle sue braccia muscolose mi riportava alla gioventù quando salivo con mio fratello, ma ora ero cresciuta e Pablo non era mio fratello, il suo sfioramento mi procurava dei leggeri brividi alla schiena. Mi parlava vicino all’orecchio e mi piaceva il suo suono melodico, dall’accento spagnoleggiante. Arrivati al lago ci mettemmo a passeggiare e mi spiegò il motivo per cui si trovava in Italia. Aveva un fratello sposato con un’italiana di Modena e lui gli aveva procurato un posto di lavoro a Mantova. Aveva lasciato la sua terra per un lavoro, e forse per un cuore, chissà. Sta di fatto che mi cinse la vita e si avvicinò alla mia bocca, mi schioccò un bacio sulla guancia e poi mi baciò in bocca, risposi con passione. Ci sdraiammo sull’erba, era fresca e umida, come il mio sesso. Infilò la mano nella camicetta, non indossavo reggiseno, arrivò subito ai capezzoli, diventati turgidi al solo contatto. Sentivo premere il suo membro duro contro la mia coscia, gli slacciai i jeans e lo liberai da quello strazio. Lo presi in mano, quasi soppesandolo, era di ottima fattura e mi piegai in avanti per baciarlo. Feci ruotare la lingua sul prepuzio e glielo aprii, muovevo la lingua in tondo e ogni tanto lo mordicchiavo, sentivo la sua eccitazione crescere sotto i miei baci. Lui mi fece alzare e mi sfilò per buona parte i jeans, all’altezza delle ginocchia, rimasi con le sole mutandine a baluardo della mia intimità. Per poco però, alzai il sedere e me le tirò giù, fino ai jeans. Mi carezzò il monte di Venere con delicatezza, poi a gambe strette, iniziò a leccarmi le labbra e il clitoride. C’era solo qualche coppia di giovani in giro, ridevano e scherzavano, noi al riparo dietro ad un albero continuavamo nelle nostre effusioni d’amore. Cercava di introdurre la lingua nel mio pertugio, peraltro stretto a causa dei jeans, fui contenta quando me li sfilò del tutto. Aveva campo libero, mi aprì le gambe e affondò il suo viso nella mia vagina bagnata. Succhiò lentamente il clitoride facendolo ingrossare, ora mi pulsava in maniera vertiginosa, volevo i suoi baci e qualcos’altro. Mi lesse nel pensiero, si alzò da quella posizione e mi penetrò con tutta la forza che aveva in corpo. Sembrava ci stessimo cercando da una vita. Ci muovevamo in sincronia, godendo l’uno dell’altro. Le nostre lingue si cercarono in un bacio appassionato. Senza smettere con i movimenti, cambiava ritmo di continuo, prima piano, poi forte e mentre stavo raggiungendo l’orgasmo mi mordicchiò un capezzolo, lo attirai a me e lo strinsi al mio petto mentre sentivo il suo sperma che mi colava lungo le cosce…

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…eravamo nel deserto tunisino…

Un viaggio di gruppo che ci vedeva impegnate alla scoperta dei luoghi e delle caratteristiche del paese. Di giorno si viaggiava a bordo di fuoristrada e la sera ci fermavamo a volte in alberghi e altre in tende, che potevano ospitare al massimo quattro persone. Il gruppo era così composto: due coppie e noi quattro, amiche giornaliste, che dovevamo scrivere reportage per varie testate nazionali di turismo. Ognuna con un proprio compito, ma dal taglio diverso. Chi doveva scrivere sul folklore, chi sulle bellezze naturali, altre sulla gastronomia. Avevamo due guide, entrambe tunisine. Due ragazzi giovani, dal fisico asciutto e di aspetto gradevole. Avevano frequentato l’università di Palermo e quindi conoscevano molto bene la nostra lingua. Avevano il doppio compito di autisti e di guide. Luisa e Marina trovarono posto di fianco a Mohamed (poca fantasia nei nomi), Franca ed io ci sistemammo dietro, alla meglio tra i nostri bagagli.

Capimmo subito che Mohamed era particolarmente interessato a Marina, forse perché era bionda e con un paio di tette da sballo? L’incosciente si era messa addirittura un vestito con una generosa scollatura che lasciava intravedere buona parte del seno, nascondendo a malapena i capezzoli.

C’erano tutti i presupposti di parlare d’istigazione a delinquere.

Noi temevamo per la nostra incolumità fisica, in quanto, il ragazzo aveva preso a sbirciare, sempre più frequentemente, nella direzione di Marina. Non potevamo biasimarlo, lungo la pista sconnessa, i seni di Marina avevano preso a ballare e il povero ragazzo non gli toglieva gli occhi di dosso. Giungemmo all’oasi. Pernottamento in tenda, un gruppo di palme faceva da contorno all’accampamento e in posizione decentrata c’era un piccolo laghetto in cui si poteva anche fare il bagno. Situazione romantica come poche. Le dune facevano da contorno al nostro accampamento. Era formato da tre tende, due per noi viaggiatrici e una per le guide. Era naturale che lasciassimo le due coppie a far…coppia. Noi ci mettemmo nell’altra tenda. Avevamo già fatto altri viaggi insieme, chi con una chi con l’altra e insomma ci conoscevamo abbastanza. Non avevamo però fatto i conti con l’intraprendenza di Marina. Le occhiate di Mohamed non erano cadute nel nulla. Anzi. Il menù prevedeva cena beduina. Franca e Luisa erano le più contente, dovevano parlare della gastronomia, e quale occasione migliore. Fuori le macchine fotografiche, raffiche di flash mentre le guide (tuttofare a questo punto) erano impegnate ad accendere il fuoco. La serata era stupenda, la volta stellata sembrava volesse unirsi alla sommità delle dune. C’era una bella e rilassata atmosfera. Mohamed e Ismar, l’altra guida, si stagliavano contro i bagliori del fuoco, due fisici scolpiti nell’ebano, a petto nudo per il gran caldo. Formammo un cerchio e iniziammo la cena. Carne, ovviamente, da addentare senza l’utilizzo delle posate, dopo cinque minuti eravamo unte e bisunte, fortuna che di tovaglioli ce n’erano in abbondanza. Il vino rosso tunisino cominciò a fare il suo effetto, soprattutto su Marina che, seduta al fianco, manco a dirlo, di Mohamed, si stava letteralmente sciogliendo dietro le occhiate e sfioramenti vari del nostro “tuareg”. Li vedemmo sussurrarsi qualcosa all’orecchio e Marina assentì. Morivamo dalla voglia di sapere cosa diavolo si fossero detti. Non ci diedero tempo per farlo, in men che non si dica si allontanarono oltre la duna, parlavano del trascorso di lui a Palermo, ma era ovvio che si trattava di una scusa per non destare sospetti. Marina aveva da poco lasciato il suo compagno, un debosciato nullafacente, sempre pronto a chiederle in prestito denaro che non avrebbe mai restituito. Forse per questo era la più “vulnerabile” del nostro gruppo. Tornarono dopo una decina di minuti, e ripresero i loro posti. La cena volgeva al termine e Ismar stava raccogliendo piatti e bicchieri. Ismar appunto, aveva preso di mira, o meglio, era stato adocchiato da Luisa, che aveva un debole per i ragazzi aitanti e “fisicati”, lui lo era, eccome.

Si propose nel dare una mano a sistemare la tavola, non riusciremo mai a stare con le mani conserte, a maggior ragione se c’è qualcuno che ci interessa. Lui la sfiorò con molta nonchalance per passarle dietro, ma Luisa ebbe un brivido lungo la schiena al solo contatto. Capì che poteva accadere qualcosa di piacevole. Le guide portarono un narghilè e ci mettemmo nuovamente in cerchio, le due coppie ci avevano lasciato e si erano ritirate nella loro tenda. Fumavamo e ci passavamo il narghilè, Mohamed e Ismar avevano portato un distillato ben ghiacciato. Tra battute e risate la serata trascorreva amabilmente, ma era arrivato il momento di andare al sodo, per Marina e Luisa. Capimmo che Franca ed io avremmo dovuto togliere il disturbo, quando le vedemmo baciare i rispettivi partner. Saluti e notte. Mohamed e Marina entrarono nella tenda beduina, Ismar e Luisa si allontanarono oltre le dune, lontano da occhi indiscreti.

Marina e Mohamed rimasero nudi, rischiarati solo dal fuoco che stava terminando di bruciare. Erano avvinghiati in un lungo bacio, poi si staccarono e lui le baciò i seni, mordendole leggermente i capezzoli, si portò giù, verso l’ombelico, e vi mise la lingua dentro, lo succhiò e mentre Marina inarcava la schiena, pervasa dal piacere, spostò l’interesse verso il sesso di lei.

La baciò a lungo, succhiandole a più riprese il clitoride, mentre con un dito le apriva le labbra andando alla ricerca del fantomatico punto g….

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Un invito per piacere alla mia amica

Avevo accettato l’invito per fare piacere alla mia amica, avevo un debito nei suoi confront ed era l’occasione giusta per farlo. C’era anche una sorta di curiosità e per passare una serata diversa dalle solite.

La mia relazione precedente era miseramente fallita da un paio di mesi e faticavo a riprendere il mio consueto slancio, che solitamente avevo.

Arrivò la serata dell’appuntamento. Non mi aspettavo nulla di che, comunque avevo indossato quell’abito che mi piaceva e mi donava un’aria molto giovanile, un tubino corto nero, una spanna sopra il ginocchio. Metteva in risalto le mie gambe abbronzate e la generosa scollatura valorizzava i miei seni. Avevo voglia di fare, come si dice, una buona impressione. A giudicare dalla prima occhiata che mi diede il mio “compagno d’avventura” avevo fatto centro.

Eravamo, noi due, in quella delicata situazione in cui si fa da “spalla”, per non dire altro, coprire l’uscita della mia amica agli occhi del marito senza farlo insospettire. Se non ci si aiuta tra amiche…

Io e la mia amica, ci sistemammo nei sedili posteriori della cabrio, e ci avviammo su verso la collina, il vento ci scompigliava i capelli e ci metteva allegria. Anche la musica era azzeccata, un misto di jazz e blues, musica calda, dalle note soffuse, lasciava spazio anche alla conversazione. In fondo ci dovevamo conoscere e renderci conto se la serata sarebbe stata piacevole e brillante, oppure come accade spesso, una cocente delusione.

Non era tempo di altri fiaschi e in tutta sincerità ero anche un po’ scocciata da questa mia situazione, avevo voglia di rifarmi e divertirmi.

Senza essere troppo impegnata con questioni di cuore che alla fine mi ferivano e mi facevano soffrire. Decisi che, se mi fossi trovata in sintonia, un pensierino potevo anche farcelo.

Nell’insieme non era neanche male, sebbene avesse una quindicina d’anni più di me. Il capello lungo e brizzolato denotava una voglia interiore di giovinezza, certo la linea non era più quella di un ventenne, d’altronde anch’io mostravo qualche cedimento qua e là, ma nel complesso avevo ancora un bel paio di tette e il lato b non era affatto male, visto i complimenti che ricevevo ogni giorno da aspiranti conquistadores. Arrivammo al ristorante e dovemmo formare le coppie, in questo caso è meglio sedere uno di fronte all’altro o di fianco? A mio avviso era meglio fianco all’altro, così facemmo. Avevo modo così di “stuzzicarlo” alzando leggermente la gonna e mostrandogli le mie gambe abbronzate, oppure sfiorarlo ingenuamente, si fa per dire, al termine di una battuta o di una risata. La mia amica e il suo compagno non avevano di questi problemi, anzi, conoscendola, sapevo già che si sarebbe spinta anche oltre al leggero contatto. Erano già una coppia affiatata nel sesso. Lei era molto soddisfatta delle sue, chiamiamole prestazioni, pure lui lo vedevo molto preso e interessato all’argomento.  Ordinammo piatti leggeri a base di pesce, per vino, bollicine, rosé per la precisione, amo questo tipo di vino, mi mette allegria e lo preferisco ai vini rossi, quelli importanti, per intenditori…

Dopo qualche calice la discussione scivolò amabilmente sul sesso.

Si parlava della differenza nell’approccio tra maschietti e femminucce.

Facemmo notare che ai maschi interessa la solita cosa, noi donne siamo più complicate e a volte restie a concederci, ma quando decidiamo non ci sono santi che tengono. Una cosa mi colpì, detta dal mio amico d’avventura, per lui il gesto più erotico in un rapporto era il bacio in bocca. Non che disdegnasse tutto il resto, anzi, nel nostro dialogare mi fece capire che aveva molto rispetto per la donna e non era per niente egoista.

Gli chiesi cosa intendeva dire con un’affermazione di quel tipo. Lo potevo intuire, certo, ma volevo sentirmelo dire da lui. I nostri amici li avevamo ormai persi nelle loro effusioni clandestine sotto il tavolo, sapevo che Giulia, la mia amica, stava sicuramente sottoponendo il suo uomo a una dura resistenza ormonale, infatti gli aveva appoggiato la mano sul membro, strofinandolo leggermente, ovviamente lui stava rispondendo nel migliore dei modi, ma la location non permetteva di andare oltre.

Quando la vidi sospirare capii che lui le aveva infilato la mano in mezzo alle gambe. Avevamo avuto cura nel scegliere il tavolo più distante per avere maggiore privacy, e questo giocava a nostro favore. Il tavolo era situato all’aperto, coperto dalle fronde di un grande albero, noi riuscivamo a vedere perfettamente se i camerieri venivano verso noi, Giulia e il suo amico davano le spalle alla sala, in caso d’emergenza avremmo potuto avvertirli immediatamente.

Tornammo a noi due. La discussione si faceva interessante. Riuscì quasi a convincermi sul bacio, ma quando mi disse che era un amante e cultore del cunnilingus un brivido mi pervase la schiena.

Santo cielo, sta a vedere che ho trovato la persona che mi fa impazzire proprio con ciò che desidero di più. I precedenti compagni mai mi avevano fatto raggiungere l’orgasmo completo con questa nobile pratica. E sì che ne ho avuti. Trovavo interessante anche il suo modo di parlare, con molti doppi sensi, certo, ma mai volgare, anzi pungente. Alzai leggermente la gonna mentre divaricavo le gambe verso di lui, dall’occhiata apprezzò molto. Appoggiò una mano sulla mia gamba e mi chiese che musica ascoltavo solitamente. La sua mano era calda, più del normale, e glielo feci presente. La risposta fu pronta: se hai bisogno di massaggi alla schiena non farti scrupoli nel chiedermelo. La musica che preferisco, gli dissi, è quella dei cantautori italiani, subito dopo il rock e il blues. Mi propose di ascoltarla in macchina, accettai. Lasciammo soli i nostri amici, ma erano talmente assorti a rispecchiarsi negli occhi che a malapena ci salutarono.

Nel sedermi la gonna si alzò parecchio, in qualche modo cercai di favorire il movimento. Sono convinta che riuscì a vedermi le mutandine. La musica iniziò a girare e attaccò un pezzo di chitarra blues, lui mi cinse con una mano il collo e si avvicinò alla mia bocca, stranamente non opposi alcuna resistenza. C’era feeling tra noi. Mi baciò a lungo, in bocca e poi sul collo, la sua mano scivolò lungo i miei fianchi, sentivo che stavo per cedere alle lusinghe di un uomo appena conosciuto. Aveva qualcosa di magnetico. Quando mi sfiorò le mutandine ebbi un sussulto. Prima d’ora non mi era mai successo una cosa simile, di abbandonarmi con voluttà quasi totale al primo incontro, non volevo pensasse di me che sono una così facile, ma temevo smettesse, mi sentivo eccitata e piena di vita.

Le sue dita si muovevano toccando i tasti giusti, mi aveva inchiodata al sedile e mi sentivo tutta bagnata e già pregustavo il seguito…

Non fu colpa sua, arrivarono i nostri amici dal ristorante con una sonora risata che ci riportò in sesto.

Nel salutarci ci scambiammo i numeri del cellulare…per un prossimo incontro.

2 Risposte a “ROSA PICCANTE”

  1. Se volete tentare di trasformare in realtà qualche sogno
    kik: kiccoforever
    Al massimo passeremo entrambi un po di tempo a chiacchierare piacevolmente

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